Nella filosofia di Schopenhauer, ripresa dalla tradizione induista, si parla del Velo di Maya, un’illusione che avvolge la realtà e impedisce di vedere le cose per quello che sono davvero. Secondo questa visione, gli esseri umani vivono immersi in un mondo di apparenze, confondendo ciò che vedono con la verità assoluta.
Questa immagine del velo che offusca la percezione sembra lontana anni luce dal mondo delle risorse umane, eppure c’è un legame più stretto di quanto si possa pensare. Anche nell’HR spesso ci si trova a lavorare dietro un velo, fatto di metriche, valutazioni e processi che danno l’illusione di misurare il valore delle persone senza realmente coglierne l’essenza.
Pensiamo alla performance. Siamo abituati a valutarla attraverso KPI, obiettivi numerici, valutazioni annuali. Ma quanto di tutto questo riflette davvero il potenziale umano? E quanto invece è solo un costrutto artificiale che ci fa vedere solo la superficie? Cosa resta nascosto dietro quei numeri? La creatività, l’intelligenza emotiva, la capacità di ispirare gli altri: tutte cose che non entrano facilmente in una tabella Excel, ma che fanno la differenza nelle dinamiche di un team.
Proprio come il Velo di Maya nasconde la realtà ultima, anche le metriche di performance possono diventare una cortina che offusca il vero valore delle persone. Ci danno l’illusione di avere tutto sotto controllo, ma spesso ci fanno perdere di vista ciò che conta davvero.
E poi c’è l’engagement. Siamo convinti che basti organizzare eventi di team building, dare bonus a fine anno o offrire benefit aziendali per motivare le persone. Ma è davvero così? Oppure stiamo solo costruendo un’illusione, un engagement di facciata che crolla non appena le cose si fanno difficili?
Dietro queste pratiche, per quanto benintenzionate, si nasconde spesso un’idea unidirezionale della motivazione: l’azienda crea gli stimoli e il dipendente risponde. Ma la realtà è più complessa. La vera motivazione nasce da dentro, dal senso di scopo, dall’autonomia, dalla possibilità di crescere e imparare. Non si può costruire artificialmente con benefit o incentivi economici.
Allora come si può strappare questo velo e vedere le cose per quello che sono davvero? La prima risposta è l’autenticità. Significa smettere di cercare di “ingaggiare” le persone dall’alto e iniziare a coinvolgerle davvero, ascoltandole e rendendole partecipi delle decisioni che le riguardano. Significa anche dare un senso al lavoro, collegandolo a una visione più ampia che faccia sentire le persone parte di qualcosa di significativo.
E poi serve fiducia. Fiducia nel lasciare autonomia decisionale, nel permettere alle persone di scegliere come raggiungere i propri obiettivi, anche sbagliando e imparando dai propri errori. Perché il potenziale umano si esprime pienamente solo in un ambiente in cui ci si sente liberi di sperimentare.
Forse è ora di cambiare lenti e guardare oltre le metriche, i KPI e gli schemi predefiniti. Se vogliamo davvero scoprire il valore delle persone, dobbiamo avere il coraggio di strappare il velo dell’illusione e andare oltre le apparenze. Solo così potremo cogliere la vera essenza del potenziale umano.