Il cavallo di Troia: bias invisibili che entrano in azienda

Non sempre i nemici bussano al cancello.

A volte li facciamo entrare noi, travestiti da regali preziosi.

Lo sapevano bene i Troiani quando, convinti di aver vinto la guerra, trascinarono dentro le mura quel grande cavallo di legno, senza sospettare che fosse pieno di soldati nascosti.

Una trappola perfetta: il pericolo non viene dall’esterno, ma dal dentro. 

Il mondo del lavoro oggi non è molto diverso. I bias cognitivi — stereotipi, pregiudizi, scorciatoie mentali — non arrivano urlando in azienda, ma come soldati invisibili nei processi HR. Non portano bandiere né dichiarano battaglia. Entrano silenziosi nei colloqui di selezione, nelle schede di valutazione, nei percorsi di carriera. E, come soldati nascosti, possono sabotare dall’interno anche le organizzazioni più “inclusive” sulla carta.

Dove si nascondono?

- Nella selezione: Curriculum scartati in 6 secondi perché un nome “suona strano”.Candidati giudicati “poco in linea” perché non assomigliano alla maggioranza.

Bias di similarità, halo effect, pregiudizi inconsapevoli: è qui che il cavallo di Troia passa la dogana.

 - Nella valutazione delle performance: A parità di risultato, chi ha più carisma o parla di più in riunione viene percepito come più performante. Chi lavora in silenzio rischia di sparire dietro le logiche di “visibilità”.

Bias di conferma, preferenze inconsapevoli, scorciatoie cognitive.

 - Nelle promozioni e nelle carriere: Il potere del “fit culturale” usato come scusa per premiare chi ci rassomiglia. Scelte di successione fatte al bar, non con dati alla mano.

Ancora una volta: il nemico è già dentro.

 La verità è che nessuno è immune. I bias non sono malattie di pochi ignoranti, ma strategie di risparmio energetico del cervello. Funzionano a livello inconscio.

Per questo non basta mettere la parola diversità sul sito o fare un workshop all’anno.

Serve rendere visibili i soldati prima che aprano le porte dall’interno.

Allora come possiamo evitare che la cultura aziendale venga sabotata?

✅ Standardizzare dove serve: checklist di valutazione oggettiva, scorecard chiare nei colloqui, metriche condivise.

✅ Allenare l’occhio critico:formare chi seleziona o valuta a riconoscere i propri bias (e accettare di averli).

✅ Portare diversità nei decisori: team di selezione e comitati di promozione eterogenei. Più teste diverse, meno punti ciechi.

✅ Monitorare i dati: misurare chi entra, chi esce, chi sale. Le statistiche non mentono: se le promozioni sono tutte uguali, forse il cavallo è già nel cortile.

Il cavallo di Troia non è un racconto mitologico. È una metafora viva ogni volta che lasciamo passare i bias senza riconoscerli.

L’unico modo per non esserne vittima? Sapere che sono già tra di noi. E costruire mura di consapevolezza, procedure chiare, cultura del dubbio.

Solo così la porta della nostra azienda resterà aperta a chi merita davvero di entrare.

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